Se il passato remoto della cittadina di Vaste impreziosisce le origini della stessa Poggiardo, il suo aspetto attuale, di tranquillo borgo agricolo, ne rende ancora più affascinante il presente, con i sapori ed i colori di una mediterraneità dichiarata in ogni componente.
Passeggiare tra le viuzze dei minuscolo borgo è un’esperienza che consente al visitatore di dimenticare se stesso, riscoprendo un nuovo e più naturale rapporto con il trascorrere dei tempo, con una vita scandita da antichi ed originali rapporti umani, ormai ignoti a quanti, per necessità o per scelta, debbano misurarsi con le esigenze di un vivere sempre più dimentico di valori i quali, sorprendentemente, ognuno di noi indovina qui di possedere ancora.
E’ davvero questo un luogo nel quale il tempo sembra scorrere ad una diversa velocità, scandito con parsimoniosa cura dalla torre dell’orologio che nella piazzetta del paese pare prendersi una rivincita di saggezza sui luminescenti quarzi che misurano invece il nostro. Diverso, ancora, è il modo in cui i pochi privilegiati vastesi vivono i propri spazi urbani: il cittadino potrà sorprendersi del modo in cui l’interno delle case trovi continuità con l’esterno delle vie, arredato di piante, di fiori, e della vita stessa di chi vi abita; ed ancora del modo in cui nelle calde serate estive, le strade si popolino non di auto ibernate da artificiosi condizionamenti, ma di sedie e tavolini, ai quali, partecipe la brezza dei vicino mare, si avvicendano le chiacchierate sommesse o le partite alle carte.
Davvero interno ed esterno qui non hanno confini, e quando il sole annuncia che s’appresta l’ora del pasto, i profumi della cucina mediterranea ne pervadono l’aria, suggerendo al visitatore di voler abusare dell’ospitalità di questa bella città-famiglia, raro esempio di una ricchezza e di una civiltà per molti di noi ormai perdute.
Sotto un sole che non conosce incertezze, Vaste dividerà con chi la guarda il suo segreto di genuina semplicità.
Ma la bellezza di Vaste non si risolve nella sola suggestione delle sue atmosfere: la sua storia proseguirà infatti anche oltre la tragica venuta di Guglielmo il Malo, regalandoci ulteriori tracce d’arte e cultura.

Le poche famiglie rimaste ad abitare i ruderi della città distrutta, infatti, animarono ancora il piccolo centro, al punto che agli Inizi dei ‘500 le esigenze religiose della comunità, convinsero i vescovi di Castro ad erigere un tempio che degnamente assolvesse alla bisogna.
Risale a quest’epoca la costruzione della prima chiesa parrocchiale, la quale, tuttavia, conobbe ben presto l’usura dei tempo, cui la povertà dei mezzi non poté porre rimedio: la metà del ‘700 la vede infatti addirittura pericolante, inagibile a qualsiasi attività di culto.
Fu la munificenza di Ippazio De Marco, barone di Vaste, che a proprie spese consentì la costruzione dei nuovo tempio, il quale andò a sostituirsi al precedente nell’anno 1761.
Questo monumento, assieme al vicino palazzo baronale, sede di quel museo di cui già s’è narrato, arricchisce la monumentalità dei piccolo borgo delle forme di un barocco elegante e misurato.
Un’ultima annotazione merita infine un monumento oggi scomparso, ma che ci consente di proiettare la presenza umana nel territorio di Vaste ad epoche le più remote, ovvero alla misteriosa civiltà neolitica dei megaliti.
Nel censimento dei dolmen di Terra d’Otranto, ad opera di Cosimo De Giorgi (1912), figura Infatti il dolmen Campina, un monumento di cui lo stesso De Giorgi ci fornisce la cronaca della distruzione; il monumento s’inseriva nel ricco quadro dei megaliti salentini, che nella vicina Giurdignano trova alcune delle più significative espressioni.
Da ricordare anche la Grotta dei Cervi, della pur prossima Porto Badisco (purtroppo inaccessibile al visitatore), che, con il suo ciclo di indecifrati pittogrammi, rappresenta uno dei siti preistorici più importanti ed indagati d’Europa.